Se una volta dovessero chiedervi di raccontare una storia, raccontate quella de La zattera di pietra di Saramago.

Un giorno un pezzo di terra si stacca dal resto ed inizia a vagare nel mare.

Il clima però è tutt’altro che fluttuante e Saramago è straordinario nel descrivere quella preoccupazione, quella frustrazione di chi ha lasciato qualcosa sull’altra zolla di terra, quella rimasta attaccata.

Un viaggio imprevisto.

Provate a immaginarvelo.

È quella precisa sensazione di frustrazione che proviamo quando ci troviamo catapultati in una situazione che non solo non avevamo previsto, ma che ci crea anche un disagio.

È quel disagio che prende il nome di imprevedibilità: non tutti sanno esserne contenti.

Se un giorno partiamo per una vacanza al mare e la busta piena di costumi la dimentichiamo sul letto di casa, certo non ci rovinerà la vacanza.

Ma quando tutti gli altri correranno verso il mare come fossero Muccino in Che ne sarà di noi e noi compreremo nel primo negozietto un costume con delle orrende palme disegnate sopra che ci costerà il doppio di quelli che abbiamo, la sentiremo, l’imprevedibilità.

Ci sembrerà fastidiosa come un mal di stomaco.

Ora, provate ad aggiungere al fastidio la paura di andare per mare senza sapere la direzione e senza immaginare con quante altre zolle di terra potreste scontrarvi.

Questo lo stato d’animo dei personaggi, ben descritto soprattutto dalla quasi totale assenza di punteggiatura, che poi è la firma di Saramago.

Nemmeno un punto, in tutto il libro.

La mia maestra delle elementari, per spiegarci l’utilità del punto, ci aveva detto che “è come prendere il respiro”.

In questo libro, in effetti, non si prende fiato, come se anche noi dovessimo patire, con quelle righe tutte addossate,  lo stesso senso di smarrimento dei personaggi.

A un certo punto però, il libro vira, cambia completamente direzione.

Dopo un po’, il costume con le palme non ci sembra così terribile, tutto sommato è anche comodo.

La vacanza è bellissima e del giorno in cui abbiamo realizzato di quella mancanza in valigia ci siamo già dimenticati.

Di più: proviamo quasi piacere, anche se non lo diremmo mai a nessuno, ad esserci adattati a qualcosa. Ad aver risposto, a modo nostro, a un piccolo controsenso.

La verità è che quel costume con le palme all’improvviso ci riconduce a qualcosa che prima non c’era e in vacanza vorremmo solo restarci.

È questo, secondo me, il pezzo in assoluto più bello del libro:

«Per alcuni minuti, mentre in tutti gli istituti geografici dell’Europa e dell’America del Nord gli osservatori analizzavano increduli i dati ricevuti dai satelliti ed esitavano a renderli pubblici, in Portogallo e in Spagna milioni di uomini terrorizzati erano ormai in salvo dalla morte e non lo sapevano In quei minuti, tragicamente, ci fu chi si mise a litigare sperando di morire e fu esaudito, e chi, non potendo più sopportare la paura, si suicidò Ci fu chi chiese perdono dei suoi peccati e chi, pensando che non vi fosse più tempo per pentirsi, domandò a Dio e al Diavolo di suggerirgli quali altri peccati poteva commettere Ci furono donne che partorirono, desiderando che i figli nascessero morti e altre che seppero di essere incinte di figli che, loro pensavano, non avrebbero mai avuto E quando un grido universale risuonò in tutto il mondo, Sono salvi, sono salvi, ci fu chi non ci credette e continuò a piangere la fine prossima, finchè non vi poterono essere più dubbi, i governi lo giuravano e lo spergiuravano, gli esperti andavano a dare spiegazioni, si diceva che la salvezza fosse dovuta a una forte corrente marina prodotta artificialmente, non si faceva che discutere se fossero stati gli americani o i sovietici Nessuno di noi però vuole tornare a casa nella valle, sarebbe per tutti l’inizio dell’ultimo ritorno, mi direbbe l’uomo che vuole sposarmi sposami, mi direbbe il capo dell’ufficio dove lavoro mi serve questa fattura, mi direbbe mio marito alla fine sei tornata, mi direbbe il padre del peggior alunno professore gli dia qualche ceffone, mi direbbe la moglie del notaio che accusa mal di testa mi dia qualche pillola per il mal di testa».

Si realizza in questo punto tutta la potenza di Saramago, che secondo me non è uno scrittore con un ritmo impazzito. La sua forza sta proprio nelle storie che crea, più che nella capacità narrativa in se stessa.

Alla fine, tanta è l’immedesimazione con quei sentimenti, che ognuno di noi vorrebbe conservare il costume con le palme. Per l’anno prossimo.